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Venerdì, 29 Marzo 2024
Cronaca

Nobildonna “spogliata” di beni e soldi per oltre mezzo milione di euro

Inflitte pene per sette anni e mezzo all'avvocato, alla moglie e alla figlia della badante. Assolto l'imprenditore che dalla donna acquistò un frantoio

LECCE - L'avvocato, sua moglie e la figlia della badante avrebbero approfittato dei deficit mentali di cui era affetta per “spogliarla” di beni e soldi per centinaia di migliaia di euro. La sfortunata protagonista, una nobildonna 88enne di Maglie, nel frattempo è andata a buona vita e non potrà quindi conoscere il finale della storia sulla quale la Procura iniziò a indagare cinque anni fa, dopo la denuncia presentata dalla nipote.

La sentenza emessa nelle scorse ore dal giudice Pasquale Sansonetti racconta che la donna fu sì, raggirata, ma solo da tre delle quattro persone finite al banco degli imputati per circonvenzione d'incapace: il legale Vincenzo De Donno, 74 anni, di Maglie, condannato a due anni e mezzo, più 800 euro di multa, la moglie Patrizia Lory, 68, a due anni, più 500 euro di multa, e la figlia della badante Aniella Refolo, 36 anni, a tre anni, più mille euro di multa.

E' stato invece assolto l’imprenditore Raffaele Cazzetta, 55 anni, di Palmariggi (difeso dall'avvocato Luigi Covella), indicato nelle carte dell'inchiesta come l'uomo che, insieme all'avvocato De Donno, convinse la malcapitata a sottoscrivere, nel marzo 2008, un contratto preliminare di vendita di un frantoio alla metà del suo valore di mercato che era di 660mila euro.

Per l'attività svolta, il legale sarebbe stato inoltre compensato dall'anziana con 10mila euro. Ma per il giudice Sansonetti “il fatto non sussiste”, sia per Cazzetta sia per De Donno, condannato insieme alla moglie Patrizia per un'altra vicenda legata all'acquisto (da parte di quest'ultima) per 30mila euro di un piccolo appartamento a Maglie che però ne valeva più del doppio.

Il giudice ha inoltre disposto il risarcimento del danno in separata sede alla nipote (parte civile al processo con l'avvocato Antonio Mazzeo) e la restituzione dell'appartamento (che, insieme al frantoio, fu sequestrato nel settembre del 2011 dal gip Alcide Maritati) agli eredi.

La pena più alta (tre anni) è stata inflitta ad Aniella Refolo, accusata di aver indotto la malcapitata, di cui si prendeva cura la madre, ad emettere in suo favore centinaia di assegni bancari per una cifra complessiva di quasi mezzo milione di euro,  nel luglio 2008, e a donarle, l'anno successivo, un anello con zaffiri e brillanti, quattordici monete d'oro risalenti al diciottesimo e diciannovesimo secolo, una libreria, due comodini, un comò e una toilette antichi.

Non appena saranno depositate le motivazioni della sentenza, i tre imputati valuteranno (attraverso gli avvocati Roberto Rella e Giancarlo Dei Lazzaretti) il ricorso in appello.

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